I temi trattati non soltanto si rivelano ancora attuali a distanza di cinquant’anni, ma precorrono le preoccupazioni su cui ora è principalmente rivolta l’attenzione delle persone comuni e dei media. La necessità di veicolare messaggi attraverso l’arte è una caratteristica che avvicina William Girometti al surrealismo belga, più che a quello del gruppo storico parigino di André Breton, incentrato sull’esternazione dell’inconscio. E ogni singola opera di Girometti è ricca di simboli cui spetta il compito di accompagnare il fruitore alla ricerca di significati.
L’attenzione all’ambiente, alla condizione femminile, alle giovani vittime della droga, alle disgreganti manovre politiche individua alcune tematiche sulle quali l’artista invita a riflettere, e che risultano tuttora attualissime, così come l’emigrazione resta un problema non risolto.
Un articolo intitolato “Orecchie d’asino cercasi” di Francesco Merlo, pubblicato a p. 34 dell’inserto DILUI di Repubblica del 24 febbraio 2024, sottolinea come i genitori iperprotettivi si dimostrino minacciosi e violenti nei confronti degli insegnanti, diventando così i «primi responsabili del degrado dell’educazione e della formazione» nei confronti della «scuola italiana di oggi che non è attrezzata a liberarsi e a liberare i ragazzi dal familismo, dal mammismo, dai padri malandrini che organizzano spedizioni punitive». Dalle tigri inferocite, insomma.
Del resto l’attenzione all’infanzia e alla sua cruciale importanza nella formazione degli esseri umani è costante nelle opere di William Girometti. Una lettura pessimistica del dipinto Disamina della verità obiettiva considera come il bimbo «fermo sulla grande scacchiera dell’esistenza e, seppure spavaldamente proteso verso il futuro, non ha la possibilità di muoversi da solo, le sue esili gambe terminando infatti nell’immobile piedistallo di un pedone; sta a noi cancellare la scacchiera, togliere, anzi abbattere, le quinte che gli nascondono l’infinito, dargli la possibilità di correre per la sua strada senza condizionamenti, senza mosse obbligate. Conosciamo tutti quale sia oggi la realtà: nei paesi sottosviluppati migliaia di bambini muoiono ogni giorno di fame: nei paesi civili l’analfabetismo, lo sfruttamento, il lavoro nero, l’indifferenza sporcano in maniera spesso irreversibile il candore della età più tenera. Forse Girometti pensava a queste cose dipingendo il suo quadro, e se il suo intento era quello di scuotere le coscienze c’è pienamente riuscito. Senza ipocrisie» (“La nostra copertina”, in Simpatia e Amicizia, 6:1, 1979, p. 1).
«Se pure risulta difficile dissentire sull’ultima parte della recensione, un’interpretazione alternativa viene in mente con una lettura dal basso verso l’alto: il bambino è ancora bloccato dalla base del pedone, ma si sta trasformando in essere umano, come Pinocchio, e ottimisticamente riuscirà ad andare incontro al futuro, per muoversi in autonomia sulla scacchiera della vita. Del resto il pedone […] può […] soltanto andare avanti, proseguire il proprio cammino. Fra l’altro in una grafica più o meno coeva, eseguita con tecnica di invenzione dell’artista, il bambino ha già riconquistato le proprie gambe» (Girometti S., Partita d’artista, Mantova, Il Rio, 2021, pp. 122-123):